Come facilitare l’apprendimento delle lingue

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Tra le grandi sfide poste dall’Unione Europea vi è anche quella di estendere su vasta scala l’apprendimento di più di una lingua. Al fine di impostare programmi pedagogici che ottimizzino l’ educazione multilingue, è molto importante conoscere le tappe maturative e le potenzialità plastiche delle strutture cerebrali coinvolte in questo tipo di apprendimento. L’acquisizione delle diverse competenze linguistiche (fonologiche, siritattiche, lessicali) è legata alla graduale e non contemporanea maturazione dei loro substrati nervosi. Svariati studi comportamentali dimostrano che la completa acquisizione delle componenti fonologiche sia percettive (per esempio, la discriminazione di fonemi) sia motorie (assenza di accento straniero nel parlare le lingue apprese) si raggiunge solo se i bambini vengono immersi in un ambiente in cui si parla una seconda lingua prima dei sei anni. Inoltre, è stato osservato che già dopo gli otto anni di età va progressivamente declinando la capacità di imitare la prosodia delle lingue straniere. Christine Weber-Fox e Helene J. Neville, dell’Università di Eugene nell’Oregon, hanno esaminato le competenze sintattiche e seinantiche in soggetti di madrelingua cinese immersi a varie età in un ambiente dove si parla la lingua inglese. Questi ricercatori hanno osservato che l’esposizione a questa seconda lingua intorno ai sette anni di età era già tardiva, in quanto i soggetti non riuscivano ad acquisire una completa competenza grammaticale. Se poi l’ esposizione avveniva intorno ai 16 anni d’età, la competenza semantico-lessicale mostrava grosse lacune che non venivano mai colmate. Sembra che la situazione sia un po’ più favorevole quando la parentela tra la lingua materna e la seconda lingua è più stretta. Studi preliminari in soggetti che parlano sia spagnolo sia inglese indicano infatti che l’immersione nella seconda lingua intorno ai sette anni provoca alterazioni grammaticali meno gravi rispetto ai soggetti cinesi. È interessante notare che gli aspetti fonologici e molti degli aspetti sintattici sono ben appresi, anche se in maniera del tutto inconsapevole, già intorno ai tre anni. Per contro, il patrimonio lessicale a quell’età è molto limitato. Già prima dei sei anni, le strutture nervose – gangli della base, cervelletto, aree corticali sensorio-motorie primarie e secondarie – che sono legate alla memoria implicita e che sembrano avere a che fare con fonologia e sintassi, presentano un elevato grado di maturazione. Invece le strutture legate alla memoria episodica ed enciclopedica – sistema ippocampale e aree corticali associative, soprattutto temporo-parietali – che sono probabilmente connesse agli aspetti lessicali del linguaggio, iniziano la loro maturazione più tardi e la completano solo in età adulta. Vediamo come queste conoscenze fornite dalla neuropsicologia potrebbero dunque dimostrarsi utili per l’educazione multilingue. Nel caso delle cosiddette lingue morte (latino, greco classico) sembra che si attui una forma di apprendimento e memorizzazione esplicita delle lingue. La difficoltà di assimilame le procedure dipende dal fatto che esse non vengono parlate, ma sono prevalentemente oggetto di traduzione verso le cosiddette lingue vive mediante l’applicazione di regole apprese consapevolmente. Gran parte dell’insuccesso nell’insegnamento delle lingue straniere potrebbe dipendere da un’impropria applicazione alle lingue vive del modello didattico utilizzato per lo studio delle lingue morte. Siccome l’apprendimento più naturale della lingua sembra avere luogo in forma implicita, la seconda lingua ed eventualmente la terza devono essere acquisite in questa forma, magari durante attività di socializzazione o gioco. Sarebbe auspicabile che l’esposizione ad altre lingue avesse luogo entro i sei-sette anni d’età, prima che le basi nervose degli apprendimenti procedurali siano giunte a completa maturazione. È ovviamente fondamentale che il modello linguistico da imitare (insegnante, vicemadre, genitore) abbia competenza piena della lingua che vuole trasmettere, con una conoscenza fonologica, sintattica e lessicale pari a quella dei soggetti di lingua madre. I fenomeni di interferenza tra una lingua e l’altra sono ovviamente maggiori nei bilingui, ma non sembrano creare problemi diversi dai fenomeni di interferenza gergale nell’ ambito di ogni singola lingua. Comunque, per limitare il mescolamento tra lingue diverse o il passaggio inappropriato da una lingua all’altra, si consiglia di «ancorare» ciascuna lingua a un ben determinato ambiente sociale, affettivo o di gioco, come mostra la prossima figura.

L’apprendimento più naturale di una seconda lingua avviene in maniera inconsapevole nei bambini di età inferiore a 6-7 anni attraverso attività di socializzazione o di gioco, purché organizzate da persone che conoscano a fondo la lingua insegnata.

articolo pubblicato su Le Scienze – gennaio 1999

di S.Aglioti e F.Fabbro


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