Tradurre: fatica, scoperta e soddisfazione
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L’insaziabile fame di libri scoperta non appena fui in grado di leggere, la curiosità innata per i discorsi e i pensieri altrui, e la passione per la scrittura. Credo siano queste caratteristiche, più che una ponderata volontà di intraprendere una professione, ad avermi portato a lavorare come traduttrice. Nel mio catalogo mentale tradurre rientra tra quelle professioni, come molti sport, in cui per raggiungere buoni risultati contano la predisposizione, la fortuna e l’allenamento.
Quando mio padre, titolare di un piccolo studio editoriale, mi propose di tradurre alcuni capitoli di un manuale di fotografia dall’inglese, mi ci buttai senza troppe riflessioni. Avevo da poco concluso il liceo scientifico, e le mie conoscenze dell’inglese si limitavano agli studi scolastici, mentre la fotografia era una materia a me del tutto oscura. Scoprii presto a mie spese quanto l’opera di traduzione fosse tutt’altro che semplice o meccanica, con mille insidie e difficoltà che non immaginavo nemmeno lontanamente, ma non volli demordere. Con fatica (in alcuni casi, con moltissima fatica) andai avanti, un passo alla volta. Lavoravo seduta a un tavolino nella camera di mia nonna, sballottata dai duplici momenti di sconforto derivanti dagli ostacoli lavorativi e dal peggiorare delle sue condizioni di salute. Lei non visse a sufficienza per vederlo, ma infine uscì il primo libro con il mio nome come traduttrice.
Nei dieci anni successivi, se ho ottenuto progressi è stato grazie a tenacia e inesauribile pazienza, che mi hanno insegnato a confrontarmi con i temi più diversi: dalla chitarra al giardinaggio, dagli oceani alla cura dei neonati. Ho scoperto che ogni volta è come immergersi in un’atmosfera particolare, fatta di costruzioni sintattiche, meccanismi logici e parole di un ambito specifico, e che devi essere pronto a non dare mai nulla per scontato, avvicinandoti a ogni testo come a una nuova scoperta. Così come con le persone che incontri ogni giorno, occorre sia avere gli strumenti per capire sia saperli usare senza pregiudizi, con un pizzico di umiltà.
Con l’esperienza, mi sono fatta l’opinione che per ottenere una traduzione soddisfacente sono sicuramente necessarie le fondamentali competenze linguistiche, ma sono altrettanto indispensabili doti di comprensione umana e di espressione comunicativa. Il traduttore è il tramite, il postino che compie la delicata missione di capire, con occhi benevoli, mente aperta e attenzione vigile, quello che l’autore ha voluto scrivere, per restituire al lettore il messaggio originale, consegnandolo con parole a lui comprensibili. Andando controcorrente rispetto a un mondo in cui sempre più si tende a prediligere la quantità di parole a scapito del loro valore, chi diventa nello stesso tempo spettatore e voce narrante dovrebbe essere sempre guidato da uno schietto rispetto per il significato, non solo letterale, di ogni vocabolo, di ogni frase, per attuare quella sorta di magia che nessun traduttore automatico è in grado di compiere.
Autore dell’articolo:
Lia Orlandi
Traduttrice EN>IT
Blevio (Como)
Articolo tratto dal blog di Easy Languages & Partners.