Comunicazione intercontinentale diretta tra due cervelli

http://www.lescienze.it/images/2013/02/26/192424281-e0636e3b-7e70-4df1-88a3-12a302c83bb0.jpgGrazie a un collegamento Internet e a una serie di microelettrodi impiantati nel cervello, due topi separati da 4000 chilometri e due continenti sono riusciti a scambiarsi le informazioni necessarie all'esecuzione di un compito. Il successo degli esperimenti è stato tale da indurre i ricercatori a prefigurare la creazione futura di reti di animali in grado di scambiarsi, elaborare e memorizzare informazioni sensoriali, formando così "il primo computer biologico"

Un'interfaccia che mette in comunicazione diretta il cervello di due ratti, trasferendo informazioni dall'uno all'altro. A realizzarla è stato un gruppo di neuroscienziati della Duke University a Durham, nel North Carolina, e del Edmond and Lily Safra International Institute for Neuroscience of Natal, in Brasile, che ne parlano in un articolo pubblicato su "Nature Communications". A rendere ancora più stupefacente il risultato, in uno degli esperimenti il trasferimento di informazioni è avvenuto fra due roditori che si trovavano nelle sedi dei due laboratori, cioè in due continenti diversi e a una distanza di 4000 chilometri.

"I nostri studi precedenti con interfacce cervello-macchina ci avevano convinto che il cervello è molto più plastico di quello che pensavamo", spiega Miguel A. L. Nicolelis, che ha diretto lo studio, "dimostrando di essere in grado di adattarsi facilmente a ricevere input da dispositivi esterni al corpo e anche a imparare come elaborare il segnale proveniente da luce infrarossa invisibile. Ci siamo quindi chiesti se potesse anche assimilare informazioni provenienti dal corpo di un altro individuo."
I ricercatori hanno prima addestrato coppie di ratti a risolvere un semplice problema - premere la leva giusta per ottenere una ricompensa – applicando poi agli animali una matrice di microelettrodi in corrispondenza dell'area della corteccia che elabora le informazioni motorie.

A uno dei due animali – il “codificatore” – è stato poi mostrato il segnale che indicava la leva associata alla ricompensa, in modo da registrare il modello di attività neuronale generato dalla sua decisione di premere proprio quella leva. Questo schema di stimolazione è stato quindi trasferito, attraverso una serie di cavi, direttamente al cervello dell'altro ratto - il “decodificatore”-  il quale, pur non vedendo alcun segnale, appena ricevute le stimolazioni provenienti dal codificatore andava subito a premere la leva corretta. Nella lunga serie di esperimenti, la percentuale di successi nella trasmissione dell'informazione è stata del 70 per cento.
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Schema dell'esperimento (Cortesia M. Pais-Vieira et al. / Nature Communications)

In una seconda serie di test, i ricercatori hanno proposto ai ratti un problema più complesso (la valutazione dell'ampiezza di un'apertura) ottenendo una percentuale di successi nel trasferimento dell'informazione del 65 per cento, inferiore alla precedente ma comunque statisticamente significativa.

Quest'ultimo test è stato infine replicato con i ratti collocati nei due laboratori, negli Stati Uniti e in Brasile, usando un collegamento Internet per trasferire gli schemi di attività neuronale .

"Anche se gli animali si trovavano in continenti diversi, con una trasmissione rumorosa e affetta da ritardi del segnale, potevano ancora comunicare", sottolinea Miguel Pais-Vieira, primo firmatario dell'articolo.

In alcuni degli esperimenti, inoltre, la comunicazione fra i due cervelli avveniva in entrambi i sensi, per cui se il decodificatore eseguiva correttamente il compito, il codificatore riceveva un segnale di rinforzo e un'ulteriore ricompensa. Di conseguenza, se il decodificatore sbagliava, il codificatore era indotto a cambiare il comportamento, ma soprattutto la propria funzionalità neuronale, tanto da rendere migliore il rapporto segnale-rumore, "pulendo" il segnale e facilitando il compito dell'altro ratto.

In prospettiva, suggeriscono i ricercatori, queste interfacce cerebrali potrebbero consentire la creazione di vere e proprie reti di cervelli di animali in grado di scambiarsi, elaborare e memorizzare informazioni sensoriali, formando quello che hanno definito il primo "computer biologico".
Fonte: www.lescienze.it

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