Quando lo sforzo fisico è insostenibile per il cervello
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L'attività fisica stimola la produzione di serotonina, che a sua volta aumenta l'efficienza muscolare. Ma se i livelli di questo neurotrasmettitore superano una certa soglia, la sua azione diventa inibitoria e può arrivare addirittura a bloccare l'attività muscolare. La scoperta di questo meccanismo potrà migliorare la lotta contro l'uso del doping nelle competizioni sportive.
E' una sovrapproduzione di serotonina che durante uno sforzo fisico protratto fa scattare a livello cerebrale la sensazione di fatica insostenibile. A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori dell'Università di Copenaghen e dell'Università di Oxford, che descrive i meccanismi in azione in un articolo pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”.
Da decenni è noto che la sensazione di fatica e il calo di potenza muscolare che accompagnano uno sforzo fisico di lunga durata non sono dovuti solo al progressivo esaurimento delle scorte di glicogeno, un polisaccaride che fornisce energia all'organismo, ma anche a un fenomeno indicato con il nome di “fatica centrale” e che coinvolge il sistema nervoso centrale.
Caratterizzata da una ridotta capacità di contrarre le fibre muscolari durante l'attività motoria, la fatica centrale dipende dall'incapacità dei neuroni motori di attivare adeguatamente le strutture muscolari. Si ritiene che questo meccanismo abbia la funzione di impedire un'iperattività che potrebbe danneggiare i muscoli o addirittura l'intero organismo, ed è su di esso che agiscono alcuni tipi di doping.
Negli anni passati diversi studi avevano suggerito che nello sviluppo della fatica centrale fosse coinvolto il metabolismo del neurotrasmettitore serotonina, ma i meccanismi cellulari all'opera in questo particolare processo di affaticamento erano rimasti sconosciuti.
L'attività fisica tende ad aumentare i livelli di serotonina presenti in tutte le strutture cerebrali, fra le vie rafe-spinali che, partendo dal tronco encefalico, vanno a stimolare i neuroni motori, i quali – sensibili alla serotonina - rispondono con maggiore efficienza. Tuttavia, come hanno scoperto Florence Cotel e colleghi, quando la produzione di serotonina diventa particolarmente elevata, una quota sempre più consistente del neurotrasmettitore non viene intercettata dai recettori sulle sinapsi dei neuroni motori, ma si diffonde fino a raggiungere il segmento iniziale dell'assone, dove si lega ad altri recettori che hanno un'azione inibitoria sulla generazione di potenziali d'azione. In questo modo, gli impulsi che raggiungono le innervazioni muscolari diventano meno frequenti e meno efficaci.
"Nella lotta contro l'uso del doping è fondamentale identificare i metodi che gli atleti possono utilizzare per prevenire l'affaticamento centrale e, quindi, continuare a svolgere un'attività che supera ciò che è naturalmente possibile. E il modo migliore per farlo è comprendere il meccanismo biochimico di base ”, conclude Jean-François Perrier, che ha partecipato alla ricerca.
Fonte: www.lescienze.it