" Musicoterapia, Verdi pioniere?" di Egidio Bandini

http://www.gazzettadiparma.it/mediagallery/foto/dett_articolo/1360331576508_0.jpgLa musica di Giuseppe Verdi è universale. Luogo comune, forse sin troppo abusato per descrivere le emozioni che suscita dall’Artide alla Terra del Fuoco, oggi come centosettant’anni fa, ascoltare il «Va pensiero». Universale e utilizzata anche per la «musicoterapia»: pratica che utilizza le note per stimolare la mente e non solo in soggetti psichicamente labili. La «Marcia trionfale dell’Aida» oggi, infatti, rientra nei canoni della musicoterapia, all’interno dell’azione volta a eseguire «musica richiamante libertà interiore, gioia, capacità di guardarsi, autostimarsi, sapersi migliore». Nella «Guida di cromoterapia e musicoterapia di Supereva» la «Marcia trionfale» è definita: «Brano solare, allegro, riattivante. I suoni di alta regalità di questo brano, pare rivogliano dare o ridare dignità emozionale a chi li ascolta». Sarà un caso, ma negli anni ’50 dell’Ottocento, Verdi intrecciò una profonda amicizia con Cesare Vigna, medico «alienista» (oggi si direbbe psichiatra) che dirigeva a Venezia il manicomio di San Servolo, dove si eseguiva musica per i pazienti, ma anche per il personale.
L’«Influenza morale e fisiologica della musica sul sistema nervoso» - scriveva Vigna  - «può essere “rettamente usata nella cura della psicopatia”. La musica, agendo contemporaneamente sul “fisico” e sul “morale” dell'uomo – sull’“elemento nervoso” e sull’“elemento psichico” - rappresenta quindi un prezioso supporto delle cure sia fisiche che morali della pazzia». («Intorno alle diverse influenze della musica sul fisico e sul morale», Milano 1880: scritto premiato con medaglia d'argento all'Esposizione Musicale Internazionale di Milano). Nel manicomio diretto da Vigna esisteva una scuola di musica: «la “banda di S. Servolo”, che vi è così bene organizzata e che contribuisce a rallegrare i “periodici trattenimenti” musicali “con organetti” che si svolgevano all' “Ospizio” di San Clemente» (Vigna, Il manicomio di San Clemente, Venezia 1888).  Dunque Cesare Vigna può essere considerato, a pieno titolo, un antesignano della moderna musicoterapia, alla quale, pur se non risultano documenti al riguardo, è ipotizzabile, visto l’animo generoso nei confronti di chi soffriva, abbia dato contributi anche il Maestro Verdi. Sarà un caso, ma Marie Duplessis, colei che ispirò ad Alessandro Dumas figlio il romanzo «La signora dalle camelie» e, quindi, a Giuseppe Verdi il melodramma «La Traviata», ebbe al suo fianco addirittura Franz Liszt: nella fase terminale della malattia della Duplessis, il grande musicista ungherese suonò per lei il pianoforte, a confortare le sue ultime ore; così come Verdi suonò il «Va pensiero» al pianoforte, nel salone di casa Barezzi, a confortare gli ultimi momenti di vita del suocero Antonio che, sentendolo, sussurrò: «Al me Verdi, al me Verdi». Ispirandosi alla Margherita Gautier di Dumas, al dramma di quella donna che fu Marie Duplessis, Verdi – lo sostiene Giancarla Moscatelli – compose l’opera che traccia la sua autobiografia del sentimento: un profondo, accorato messaggio d’amore che sta tutto in quel rincorrersi di note nell’ouverture che, piano piano, diminuiscono di numero finché, alla fine, sul pentagramma non ne rimane che una. Verdi fu dunque «musico terapeuta»? A dirlo, con i suoi versi incomparabili, è Gabriele D’Annunzio che, alla morte del Maestro scrisse: «Ci nutrimmo di lui come dell'aria/libera ed infinita/cui dà la terra tutti i suoi sapori./La bellezza e la forza di sua vita,/che parve solitaria,/furon come su noi cieli canori./Egli trasse i suoi cori/dall'imo gorgo dell'ansante folla./Diede una voce alle speranze e ai lutti./Pianse ed amò per tutti».
Fonte: www.gazzettadiparma.it

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