La propaganda politica al tempo di Internet
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Chi, sentendo nominare le elezioni politiche, pensa immediatamente ai comizi di piazza o ai confronti televisivi tra i partiti prima o poi dovrà ricredersi: il futuro della propaganda elettorale è sul Web, e in particolare sui social network.
Ecco perché c’è chi si è già impegnato ad analizzare meccanismi e storture della comunicazione politica che corre sui social network e tramite i motori, come hanno fatto Panagiotis T. Metaxas ed Eni Mustafaraj, del Dipartimento di Computer Science del Wellesley College, nel Maryland, che firmano in proposito un articolo sull'ultimo numero di "Science".
Negli Stati Uniti, argomentano i due studiosi, social media come Facebook, Twitter e YouTube sono utilizzati ormai da due terzi della popolazione, e i motori di ricerca come Google sono diventati di uso quotidiano. Ciò comporta due mutamenti epocali: il primo è che gli utenti del Web tendono a tenersi informati sull’attualità e a formarsi proprie opinioni tramite la Rete, e con modalità sempre più rapide e interattive. Il secondo è che l’utilizzo di questi mezzi telematici può essere non solo monitorato ma spesso anche manipolato da chi ha interesse a orientare informazioni e opinioni in una certa direzione invece che in un’altra.
Si può per esempio alterare il numero di “amici” o di “mi piace” sul profilo Facebook di un candidato. nonché di follower su Twitter. per migliorare popolarità e gradimento, e l’esperienza recente ha dimostrato come un gran numero di nomi e profili siano in realtà inesistenti.
In termini più astratti, questo processi possono essere modellizzati con la teoria dei grafi, in cui tutti i soggetti con cui siamo in contatto (persone, istituzioni o idee) rappresentano i nodi e le loro reciproche connessioni rappresentano gli archi. In questo scenario, ciascuno di noi si costruisce una “rete fiduciaria” (trust network) che ci aiuta a formare le nostre opinioni. Chi fa propaganda in modo più o meno corretto non deve far altro che cercare di alterare uno dei nodi per modificare la rete fiduciaria del maggior numero possibile di utenti, orientandone così le opinioni.
Un altro modo per mettere in pratica questi propositi in modo fraudolento è lo spam. Uno dei più efficaci è la cosiddetta "bomba Google", uno strumento che forza il motore di ricerca ad associare a una parola chiave pagine altrimenti non correlate: famoso è rimasto il caso della bomba che portava alla pagina personale dell’ex presidente George W. Bush quando si faceva una ricerca con la stringa di testo “miserabile fallimento”. Analoga sorte, per fugare ogni dubbio sulla partigianeria degli hacker, è toccata a Michael Moore, Hillary Clinton e Jimmy Carter.
Bombe Google più elaborate, in grado per esempio di far visualizzare per prime le immagini ridicole degli avversari politici, sono entrate in azione durante le elezioni americane nel 2006, nel 2008 e nel 2010, insieme ad analoghe bombe Twitter. Queste ultime hanno raggiunto oggi un notevole grado di sofisticazione, fino a produrre falsi follower che rispondono per esempio ai tweet dei giornalisti politici cercando di influenzarne le opinioni.
La lista dei metodi per influenzare i voti degli elettori sotto elezioni potrebbe continuare: quello che manca, e che difficilmente sarà realizzato, è uno strumento in grado di evitare o almeno limitare le frodi. L’unico antidoto contro le campagne diffamatorie, concludono gli autori, è che il pubblico diventi abbastanza consapevole delle trappole della comunicazione via Web da essere spinto a “scavare” sotto l’apparenza delle notizie più eclatanti per trovare l’informazione più libera da condizionamenti.
Fonte: www.lescienze.it