Gergo giovanile, specchio di una società che cambia
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La storia di una lingua è anche storia dei gerghi che, adoperati nella quotidianità, possono passare nella scrittura fino a entrare in certi generi letterari (vedi p.es. le parole prese dal gergo giovanile: lecchino, tosto, imbranato, sputtanare, sfiga, arrapare, pompato, gufare, ciospo...).
- La parola "gergo" viene dall'antico italiano "gergone" (poi detta anche baccaglio, amaro, giammuffa). In francese si dice jargon, ma anche argot;
in inglese è molto usata la parola slang, ma nei dizionari si trova anche
la parola jargon (cant è il gergo della malavita); in spagnolo si dice jerga (jerigonza, nel '700)
e in portoghese girigonza. - I gerghi, di cui l'italiano è ricco quanto lo spagnolo e il francese, sono linguaggi fortemente espressivi, fatti per comunicare oralmente. Essi si elaborano nella precaria "arte dell'arrangiarsi", al pari dei proverbi popolari e delle formule argute che produce la vita dei ceti marginali.
- Generalmente i gerghi servono all'arricchimento dell'immagine fonica che la lingua di cultura non sempre può soddisfare, ed anche per esprimere, in un codice a volte effimero, le trasformazioni e le contaminazioni che la lingua predominante subisce nel tempo.
- I gerghi sono sempre linguaggi speciali particolarmente marcati, che hanno due principali ragioni d'esistere:
- dare un segnale della propria appartenenza solidale a un gruppo,
- non farsi capire facilmente da chi è estraneo al gruppo.
- I gerghi più noti sono quello dei giovani, dei politici, dei militari e soprattutto quello della malavita, che nasce appunto col preciso scopo di garantire la segretezza delle comunicazioni (di qui il forte impiego delle espressioni metaforiche: p.es. palo per "complice", cantare per "confessare", dritta per "informazione giusta"…).
- Il gergo malavitoso delle cosche mafiose, avendo come scopo esclusivo quello della segretezza, è il più ermetico, compatto e stabile. In questi ambienti la sola parola "uccidere" ha un'impressionante varietà di espressioni: astutàri (spegnere), attumullàri (seppellire), 'ncasciàri (chiudere nella cassa da morto), addummìsciri (addormentare), aggiuccàri (piegare), asciucàri (asciugare)...
- Al gergo della malavita sono poi attribuibili talune parole di varia estrazione regionale: caramba (carabiniere), pula (polizia), buiosa (cella), scapuzzador (assassino), ruffante (borsaiolo), casché (borseggio), cravattaro (usuraio), berta (pistola), ecc.
- Normalmente, i termini gergali non malavitosi, quando escono dall'ambito del gruppo in cui sono usati, tendono ad essere utilizzati solo a livello scherzoso-familiare e per lo più vengono presto dimenticati e superati da termini nuovi. Per loro stessa natura di linguaggi tipici di gruppi in continua evoluzione, questi gerghi sono per così dire generazionali e hanno una diffusione per lo più circoscritta a un territorio abbastanza limitato.
- È facile tuttavia che molti termini o espressioni gergali vengano diffusi a livello nazionale dal cinema, dalle canzoni, dalle cronache giornalistiche, finendo così per entrare stabilmente nel lessico dell'italiano comune. P.es. pivello ("giovane alle prime armi"), strizza ("paura"), grana ("denaro" o "seccatura"),
frana ("imbranato")… - In Italia un primo linguaggio tipico dei giovani può essere fatto risalire alla vita di caserma, allorché l'esperienza della coscrizione obbligatoria portava a socializzare molti giovani provenienti da tutte le Regioni. Parole come "imbranato" o "pezzo grosso" vengono proprio da quell'ambiente.
- Un altro filone storico dal quale hanno origine le varietà gergali dei giovani italiani è quello del "parlare snob", tipico della borghesia milanese degli anni '50.
- Dagli anni '60 in poi la caratterizzazione gergale diventa sempre più diffusa: proviene da ambiti politici (i sessantottini, gli indiani metropolitani, il movimento della pantera…), musicali (punk, metallari…) e ludici (i paninari).
- In Italia, dove sono presenti, più che altrove, fenomeni di letteratura gergale "sommersa", molto noto è stato negli anni '70 il gergo sessuale del libro Porci con le ali (1976) di Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera.
- Conosciuto dai giovani è anche il film in gergo punk, La ragazza di via Millelire (1981), di Gianni Serra e Tomaso Sherman.
- Lo scopo è sempre quello di caricare di forza espressiva il linguaggio: per questo -come si può notare nel gergo dei nostri ragazzi- si ricorre a metafore ("pinguino" sta per "freddo"), suffissi ("vescicone" sta per "grasso"), vocaboli stranieri ("trip" sta per "pasticca stupefacente"), dialettismi ("inzurlida" sta per "tonta"), termini settoriali ("poser" sta per "finto") ecc.
- Colloquiale, gergale, sboccato… il linguaggio giovanile è fatto di parole sconosciute agli adulti o di parole note, ma usate con significati particolari. Parole che cambiano in fretta, ma che lasciano il segno e caratterizzano intere generazioni.
- Termini ed espressioni provengono direttamente dalla strada, dai bar, dai pub, dai circoli, dalle discoteche, dai ritrovi pomeridiani e anche dalla scuola; moltissime espressioni non sono che reminiscenze del dialetto dei genitori o dei nonni. Inutile meravigliarsi delle mille elisioni e storpiature cui i giovani sottopongono la lingua italiana.
- Tante espressioni provengono anche dagli spot pubblicitari, dai film, dal gergo dei drogati, dai testi della musica rock, rap, ecc.: il tutto viene rimescolato senza pietà e il prodotto finale è una miscela che fa impallidire i "puristi" della lingua italiana. ( Fonte: http://www.homolaicus.com/linguaggi/giodizio/)
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