Clizia Sala è nata a Como, ha studiato cinese, prima in Italia, alla Cà Foscari, poi in Cina e dopo due anni è tornata in Italia.
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Intervista e foto di Luca Guzzardi
Perchè la scelta del cinese come lingua straniera?
Eccola qui, la domanda che tutti mi pongono e a cui non so rispondere…scherzo!
Ho frequentato il liceo linguistico e ho sempre immaginato il mio futuro ruotare attorno alle lingue, certo mai mi sarei immaginata di allontanarmi dai comuni inglese, francese e tedesco e di finire a studiare cinese: è stata una mia professoressa a essermi di ispirazione; martellava in continuazione sul fatto che, a suo parere, studiare lingue occidentali all’università ci avrebbe dato meno opportunità che studiare una lingua “alternativa”, come l’arabo, l’hindi o il cinese. A quanto pare quelle ore passate a predicare davanti a tutta la classe hanno mietuto almeno una vittima! Pensare che era la prof. più temibile di tutto il liceo… però oggi, sapendo quello a cui mi ha portato la decisione di ascoltarla, la ringrazio tantissimo.
Come ti sei orientata per la scelta dell’università?
La scelta di università che insegnano le lingue orientali è piuttosto limitata , o almeno lo era quando ho scelto io. A Milano le università iniziavano ad aprirsi al cinese cinque anni fa, e i corsi a indirizzo “Cinese” che offrivano prevedevano più insegnamenti dedicati a tutto tranne che alla lingua. Ad esempio relazioni internazionali con in tutto un paio di esami di lingua cinese. A me interessava proprio imparare la lingua, e così ho pensato che sarei andata o a Napoli o a Venezia: per vicinanza geografica ho scelto Venezia, in realtà Treviso, perché studio nella sede distaccata. Il corso che ho scelto è a numero chiuso, penso non potrei aver fatto scelta migliore. Frequenza obbligatoria, compiti come alle superiori…ma se si vuole davvero imparare una lingua da zero si deve fare così, no?
Com’è nata l’idea di studiare in Cina?
In maniera abbastanza naturale, dato che già al terzo anno della laurea triennale in Mediazione Linguistica era previsto un semestre obbligatorio presso un’università cinese. Durante quei primi mesi trascorsi in Cina, mi sono resa conto di come in realtà in Italia non avessi mai avuto l’opportunità di parlare la lingua che studiavo, di avere esperienza della cultura cinese, così diametralmente opposta alla nostra e così ho deciso di tornare. Ho fatto domanda di borsa di studio al CSC China scholarship council e sono ripartita. Tutto qua.
Di nuovo, come ti sei orientata per la scelta dell’università?
Più che tra università, era tra città: Pechino, Shanghai o Shenzhen, università con cui la Ca’ foscari (L’università di Venezia) ha accordi di scambio e così anche la seconda volta che sono tornata ho deciso di frequentare la stessa università dove ero già stata: la Beijing Capital Normal University che in tre anni, la prima volta sono andata nel 2008, ha conosciuto un aumento impressionante nel numero di studenti italiani che decidono di tornarci dopo l’esperienza del semestre.
Come funziona la fondazione CSC, che requisiti servono per accedere ai loro fondi?
Si tratta di un programma di scambio tra l’UE e la Cina grazie al quale 100 studenti scelti tra gli studenti di tutta Europa che fanno domanda possono trascorrere un anno in Cina completamente spesati.
Non so se è ancora in vigore, perché mi pare fosse un accordo di 5 anni che scade proprio quest’anno, ma sicuramente ci sono altre iniziative.
Requisiti: volontà di visitare la Cina e di imparare la lingua. Non serve aver frequentato un corso di cinese prima, anche perché i corsi di lingua cinese per stranieri nelle università cinesi partono dal livello principiante. Ah dimenticavo, naturalmente è un programma linguistico per giovani (non so quale sia il limite di età)
Avevi una borsa di studio che avrebbe coperto le tue spese, ma hai avuto modo di fare qualche lavoretto?
Anche se in teoria è proibito dalla legge cinese che una persona con visto di studio lavori, sì… Ho lavorato come insegnante di inglese presso le scuole medie cinesi e per lezioni individuali, ho anche collaborato con Avventure nel Mondo, un tour operator italiano che organizza viaggi avventura. Aiutavo nella prenotazione alberghi, treni etc…
Hai stretto più amicizie con cinesi o con stranieri?
Purtroppo devo confessare che stando in un’università per stranieri, con stranieri. Ma forse è anche un problema culturale, nel senso che mi sento più vicina culturalmente a un canadese o un russo che a un cinese nonostante abbia vissuto in Cina per un periodo… Però ho avuto anche amici cinesi, specie ragazzi che studiavano l’italiano e che adesso stanno in Italia e studiano all’università.
Cosa facevi per divertirti?
Cose da occidentali, tipo discoteca. Ma il mio divertimento preferito era provare tutti i ristoranti etnici di cui è costellata Pechino e riempirmi la pancia di carne arrosto (piatto tipico coreano) assieme ai miei compagni di università coreani, oppure andare a spezzare il ramadan dei miei compagni arabi assieme a loro al ristorante iracheno… o lasciarmi andare alla nostalgia di una (orribile) pizza!
Dunque, vita sociale molta, con ragazzi che vengono un po’ da tutto il mondo. Però, nonostante la conoscenza della lingua e la vicinanza fisica, i cinesi sono rimasti sullo sfondo?
Insomma, non proprio. Ne avevo 1,3 miliardi intorno a me!
Per primi i professori cinesi, con i quali il rapporto è molto diverso che con i professori universitari italiani che sembrano quasi inavvicinabili; di alcuni di loro ho un bellissimo ricordo, li stimo molto e spero di rivederli anche in qualità di amici.
Poi i miei amici… Ragazzi che studiavano l’italiano e non. Ragazzi con cui andare al karaoke e rimanerci fino a che non vedi nemmeno più le lancette dell’orologio. Passeggeri di treno che ti aiutano a trovare un posto in albergo, ti offrono una strana zuppa a base di interiora di montone a colazione e con cui inaspettatamente finisci per coltivare un’amicizia; e perché no, pure il signore che fa le focacce alla piastra all’angolo, che ogni volta che ti vede ti dice che il tuo cinese è eccezionale anche se non è vero. Le famiglie dei ragazzi a cui insegnavo l’inglese, sempre molto cordiali. Insomma tutta un’altra umanità da conoscere.
Che effetto aveva la censura, per esempio di Google e Facebook, sulla tua vita?
Dopo la domanda del lavoro, questa è la seconda illegalità che confesso di aver commesso in terra cinese…nulla perché avevo un proxy… Però leggendo i giornali mi rendevo conto che attorno a me le notizie venivano intelligentemente “indirizzate”: ad esempio il premio nobel a Liu Xiaobo. Liu Xiaobo veniva descritto dai giornali come un diavolo e il fatto che gli fosse stato dato il nobel come un affronto. Da sottolineare che tutti questi articoli erano firmati da questo o quel portavoce politico…
Non c’è due senza tre… avrai commesso una terza illegalità?
Non che io sappia, probabilmente parlare in maniera sovversiva del governo cinese?! Ma un mio amico cinese aveva una gigantografia di Hitler nell’armadio… faceva parte del partito neofascista cinese o qualcosa del genere.
Domanda generalista: cosa ti aspettavi dalla Cina?
Prima di andare: pagode rosse, biciclette e ovunque gente che dispensava perle di saggezza stile Confucio mentre praticava le arti marziali come Bruce Lee; in pratica, l’opposto della realtà. Le pagode sono diventate grattacieli pieni di negozi di Gucci, le bici sono diventate Mercedes, e le perle di saggezza si sono perse nei meandri della rivoluzione culturale. Solo i vecchietti che alle 6 del mattino fanno tai-chi al parco ci sono ancora.
Veniamo all’argomento più dolente: il tuo ritorno in Italia. Che è successo?
Problemi burocratici con l’università. In pratica con la borsa di studio avrei dovuto frequentare un corso di cinese semestrale, invece ho sempre frequentato per la laurea che in Cina dura due anni.
La segreteria si è resa conto di aver commesso un errore a cui però non è stato possibile rimediare, io nel frattempo avevo quasi terminato il ciclo di studi e non me la sono sentita di ripetere l’ultimo anno. Così sono ritornata.
Fortunatamente nel frattempo mi ero iscritta alla specialistica a Treviso, e durante le vacanze davo gli esami. Adesso mi mancano pochi esami alla fine della specialistica.
Tirando le somme, il periodo di studi in Cina non ha avuto alcun effetto “legale” ma intanto studiavi la specialistica a Treviso, che ormai hai quasi finito. Giusto?
Giusto. Eppure ha fatto presa sui miei attuali datori di lavoro. Sono tornata a dicembre 2010 e ho iniziato a lavorare a metà febbraio. Full time, come intermediario con i fornitori cinesi per un’azienda tessile, e il mese prossimo ritorno nella mia amata terra di mezzo con l’azienda. Sarò interprete per il boss, curerò un po’ la produzione, che le consegne siano fatte in tempo etc… Una trasferta di qualche mese.
Dunque hai un lavoro stabile ed attinente ai tuoi studi, ti consideri “arrivata”?
Per niente! La Cina mi ha reso dromomane, insomma l’Italia mi sta un po’ stretta. Il mio sogno è fare l’interprete… un’agenzia di traduzioni tutta mia, ma in quale stato non si sa!
Non mi resta che augurarti numerosi altri viaggi e ringraziarti per il tuo tempo!
Fonte: http://www.italiansinfuga.com/2011/05/23/studiare-le-lingue-alternative/
Luca Guzzardi è un matematico ed è in cerca di lavoro; scrittore e fotografo dilettante. Seguitelo su Facebook e Linkedin.
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