Apprendere le lingue nella terza età ( Terza parte)
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Perchè imparare le lingue da anziano?
La conoscenza di (almeno) due lingue sembra rappresentare un vantaggio cognitivo generale, come ricorda uno studio di Bialystok e collaboratori (Bialystok et alii 2004), in cui si mostra come soggetti bilingui esibiscono prestazioni migliori di soggetti che conoscono solo la lingua madre, non solo in compiti strettamente linguistici, ma anche in alcuni compiti di rilevanza generale.
Questo fenomeno si estende lungo tutto l’arco della vita, contribuendo all’ipotesi che vi sia, nei soggetti bilingui, una maggiore resistenza al decadimento di alcune funzioni cerebrali a causa del continuo utilizzo che ne viene fatto per poter dominare i due sistemi linguistici attivi.
In pratica, il soggetto bilingue dispone di un patrimonio linguistico-cognitivo più ampio del monolingue, in generale distribuito più estesamente nei due emisferi, a causa dei continui processi decisionali legati al code switching (passaggio da una lingua all’altra). Questo stimola una maggiore utilizzazione di funzioni cognitive di carattere generale legate ai processi di attenzione, di inibizione funzionale (la scelta di una lingua è accompagnata da inibizione dell’altra), di memoria di lavoro, coinvolgendo, secondo alcuni, addirittura la creatività e le facoltà di problem solving.
Dato che lo studio citato riguardava soggetti bilingui sin dall’adolescenza, esso non dice ancora molto sulla possibilità che questo “vantaggio cognitivo” sia ottenibile anche quando si inizia a studiare una lingua in età avanzata, anche se, come abbiamo visto, suggerisce che il bilinguismo possa avere una buona funzione di preservazione delle capacità cognitive generali nella terza età.
Tuttavia un’altro studio lascia intuire – sia pure per via indiretta - che una simile ipotesi è del tutto plausibile. Gli autori dimostrano che l’apprendimento di una lingua straniera contribuisce a aumentare la quantità di materia grigia presente del giro angolare del lobo parietale sinistro (una delle zone interessate alle funzioni linguistiche) e questo a tutte le età, anche se in misura diversa.
Dimostrano inoltre che questo aumento è in stretta relazione alla competenza raggiunta nella lingua straniera e al suo utilizzo. Dato che la sostanza grigia è quella che contiene i neuroni specializzati nelle funzioni cognitive superiori, questo sta a indicare che gli individui bilingui presentano più neuroni e connessioni dei monolingue nella zona del cervello in cui si processano importanti attività linguistiche, e non solo (il giro angolare fa in realtà parte della corteccia associativa eteromodale che ha il compito di integrare gli input che giungono da canali sensoriali multipli ed è quindi partecipe anche di altre importanti capacità cognitive di tipo generale).
A ciò si aggiunge che gli individui bilingui sembrano anche disporre (attraverso un’accresciuta quantità di sostanza bianca) di maggiori connessioni con l’emisfero destro, potentemente coinvolto nei processi di apprendimento. Quest’ultimo dato non è privo di significato poiché è noto che in generale l’efficienza dell’emisfero destro (e la sua dimensione) tende a diminuire con l’età più di quella dell’emisfero sinistro e quindi una sua stimolazione ha effetti profilattici particolarmente interessanti.
Infine va ricordato la corteccia associativa eteromodale, di cui il giro angolare è parte, è una delle strutture più soggetta a invecchiamento. Il fatto che il bilinguismo ne stimoli la crescita e la funzionalità ha un evidente effetto di prevenzione. Questi dati di carattere neurologico rendono assai suggestiva l’ipotesi che l’apprendimento delle lingue in tarda età possa rappresentare un vantaggio cognitivo generale, poiché stimola la plasticità cerebrale, e che quindi possa essere inserito con buona ragione in un programma di mantenimento delle funzioni cognitive nella terza età.
E questo anche se l’apprendimento delle lingue è certamente un’attività complessa che richiede notevole impegno da parte di chi la affronta, specialmente in quanto certe capacità implicate appaiono meno affidabili a causa dell’invecchiamento. Ma in accordo con la svolta che abbiamo illustrato nella filosofia del mantenimento dell’efficienza cerebrale è proprio questo che va fatto: non ripetere (o non soltanto ripetere) quello che si sa già fare ma sollecitare proprio quello che si sta progressivamente affievolendo. ( 3 Segue/ Fonte: labeleuropeo)