Intervista a Diego Marani, padre dell'Europanto
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Se non fosse stato per una paroletta francese, acquis, traduzione letterale acquisito, forse Diego Marani non avrebbe mai cominciato a riflettere su come semplificare la babele di lingue in cui era immerso. Traduttore e interprete al Consiglio dei ministri dell'Unione europea, l'ambiente di lavoro del padre dell'europanto è fitto di francese che si mischia con l'inglese, con il fiammingo, con il tedesco, con l'olandese e via di seguito. Acquis dunque: piccola ma fondamentale parola, usata mille volte nei documenti e nel linguaggio dei funzionari dell'Unione europea, che si può tradurre bene solo con una lunga frase: tutto ciò che è stato acquisito a livello di legislazione comunitaria e di cultura comunitaria dal 1958 a oggi. Come tradurre questo concetto di uso quasi quotidiano nelle varie lingue comunitarie? E se invece di tradurla, usassimo la parola così com'è?
E così è nato l'europanto.
"L'europanto è nato per gioco, per l'esattezza come gioco d'ufficio. Nel nostro lavoro si usano molte lingue, allora mi è venuto in mente: vediamo cosa succede a mescolarle. E mi sono messo a giocare un po', a inventare oroscopi e ricette per i miei colleghi, mischiando inglese, francese, tedesco. Poi questa nuova lingua ha cominciato a circolare anche in altri uffici, fino a che il nostro giornale interno mi ha chiesto degli articoli. Da lì, da uno scherzo, è cominciato tutto: la rubrica su Le Soir, quella su Le Temps di Ginevra. Ora ricevo lettere di gente che mi chiede dove può trovare il vocabolario e la grammatica dell'europanto, e addirittura mi chiedono se ci sono dei corsi".
Come si spiega tanto successo?
"Quando un francese e un italiano si incontrano, parlano un inglese scarno, una lingua che non è comunicativa, che serve giusto a orientarsi, poco più di un alfabeto Morse. Il successo dell'europanto sta nel fatto che ci libera da questo inglese povero, ci permette di costruire la lingua che vogliamo, aggiungendo e mischiando tutto il vocabolario internazionale dell'Europa occidentale, quello che ogni persona di media cultura possiede, da fiesta a wurstel, da pizza a game. Ne viene fuori una conversazione con più sfumature, più colorita, più viva".
Oltre al successo, ci sono già le polemiche?
"Ovviamente sì. Anche se io continuo a ripetere che l'europanto è solo uno scherzo, un gioco, gli esperantisti sono il mio capitolo dolente. Sono accaniti come i testimoni di Geova. Mi hanno scritto per dirmi che se l'europanto si fosse dimostrato più efficace dell'esperanto, sarebbero stati disposti a convertirsi. Poi pian piano hanno cominciato a considerarmi il loro nemico numero uno. Non si rendono conto che il loro vero nemico non sono io ma è l'inglese".
Qual è il motivo per cui l'esperanto è poco usato?
"La mia teoria è che l'esperanto non va avanti perché è una lingua che va studiata. Anche se è facile, e ha solo 16 regole, va comunque studiata. Mentre per parlare in europanto è sufficiente partire dalle poche nozioni di inglese che possediamo tutti e mischiarle con il vocabolario internazionale più comune".
Ha verificato i suoi lavori con gli studiosi di linguistica?
"Non ancora. Ripeto: l'europanto è poco più di un gioco. Però ora sto cominciando a studiare le lingue artificiali, e ho scoperto un mondo che ignoravo. C'è stato un boom, alla fine dell'Ottocento: ho contato una settantina di nuove costruzioni linguistiche, basate fondamentalmente sul latino e poi elaborate con il francese e il tedesco, le lingue più parlate nell'Europa di allora. Un altro aspetto che sto studiando riguarda le aree del mondo dove ho verificato una grande attesa per l'europanto, che sono il Belgio, la Svizzera e il Canada. Non a caso tre paesi con una frattura linguistica forte, dove la gente ha familiarità con più di una lingua".
Quale tecnica usa per scrivere in europanto?
"Nessuna tecnica, scelgo le parole istintivamente, l'alchimia della frase si crea da sola. Ho anche cominciato a coniare parole mie: gerundi, participi presenti in "ante", come forbiddante".
E chi volesse provare a scrivere in europanto, quali regole dovrebbe seguire?
"Per dare una regola generale, la frase è fatta se ci sono dentro almeno tre lingue".
A parte l'iniziale "gioco d'ufficio", cosa l'ha spinta veramente a inventare l'europanto?
"Forse il fatto che con le lingue normali non riesco a esprimere tutto quello che voglio. La mia passione più grande è la scrittura (Marani ha scritto due romanzi in italiano, Caprice de dieu e Zanzare, editi dal Minotauto, e i tre racconti dell'ispettore Cabillot in europanto, pubblicati su Internet, ndr). La seconda grande passione è il giornalismo. Ho cominciato quando studiavo a Trieste, dove scrivevo una rubrichetta sul 'fai da te' per il Piccolo. E per mettermi in mostra mi mandavo delle finte lettere di lettori entusiasti".
Ancora un gioco, uno scherzo...
"Sì, la passione del gioco con le parole. Che ho continuato anche a Bruxelles. Lettere a Le Soir, firmate con nomi inventati, che però venivano sempre pubblicate nella rubrica delle 'Lettere al direttore', come se fossero vere. Fino a che i giornalisti mi hanno sfidato: vediamo se riesci a improgliare anche i grandi quotidiani. Ho scritto una lettera a Le Monde diplomatique, firmandomi 'Ciolanka Sbilenka', una donna serba che giustificava l'epurazione etnica. Poi ho scritto una lettera al Financial Times, firmandomi 'membro dell'Ambasciata finlandese a Bruxelles', dove sostenevo che per la Finlandia aderire all'Unione europea era peggio che stare sotto i sovietici".
E nessuno l'ha scoperta?
"Le lettere sono state pubblicate tutte e due, e io ho vinto la sfida con i giornalisti, una bottiglia di champagne. Poi il Financial Times ha fatto una ricerca, ha scoperto che nessun membro dell'Ambasciata finlandese aveva scritto quella lettera, e ha pubblicato una smentita molto elegante. Seguita da un articoletto che raccontava il mio scherzo e che finiva così: se in questo momento un italiano sta brindando a champagne, è anche colpa nostra".
E lo scherzo continua... Altri progetti?
"Sto scrivendo altri due racconti di avventure dell'ispettore Cabillot, ovviamente in europanto, e un romanzo in italiano per il quale ho trovato un titolo che mi piace molto: Nuova grammatica finlandese". (a.u.)
Fonte: http://www.repubblica.it/online/cultura_scienze/europanto/intervista/intervista.html