Sono poliglotta e pure più intelligente
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di Zeina Ayache
A scuola lo dicevano sempre a mia madre…’Sua figlia è intelligente, va bene a scuola, ma potrebbe fare di più’ ed io mi sono sempre chiesta ‘Perché?’ in fondo i miei Distinto e Ottimo e i miei 8 e 9 li ho sempre portati a casa e con il minimo sforzo…Cos’altro avrei dovuto fare? I compiti?
L’Università poi non conta, non riesco a vantarmi dei 30 presi a Scienze della Comunicazione, sarebbe come complimentarsi con il proprio cane perché ha fatto la pipì.
Mi sono sempre chiesta però come certi miei compagni di classe facessero fatica ad ottenere buoni risultati.
Soldi spesi per lezioni di recupero, pomeriggi interi sui libri, paginate di compiti per poi arrivare ad un misero 7.
Eppure non sono certo un genio (lo dico perché ne ho conosciuti e – purtroppo – non gli somiglio per niente), molti altri ottenevano i miei stessi risultati, con lo stesso minimo sforzo, cosa ci distingueva allora?
Mi faccio due conti e scopro che molti di loro erano bilingue, ovvero i genitori parlavano almeno una lingua diversa rispetto all’italiano (valgono anche i dialetti), oppure avevano studiato musica in maniera approfondita, altri ancora erano semplicemente intelligenti.
In effetti era immaginabile che un bambino che, sin da piccolo, abituato a sentire diverse lingue parlate nello stesso momento, avrebbe poi sviluppato, maggiormente, aree del cervello che, altrimenti, sarebbero rimaste molto meno allenate.
Non si tratta di ‘tirarsela’, ammettiamolo, tutti noi abbiamo pensato che i poliglotti di nascita sono per forza più intelligenti.
Va beh dai… non usiamo il termine ‘intelligenti’ che non vorrei scatenare le ire di nessuno…parliamo di ‘più svegli’, ‘più smart’, ‘più sgamati’, ‘più reattivi’, ci siamo capiti!
Non è facile quando tua madre ti parla in arabo, tuo padre ribatte in francese e da dietro tua nonna commenta mischiando tre lingue e dando vita ad un idioma nuovo e tutto suo.
Questo è ciò che accade in casa mia da quando sono nata!
E ogni lingua ha il suo perché…Quando mia madre mi sgridava in italiano, sapevo che non era più di tanto arrabbiata, quando poi passava al francese, allora iniziavo a preoccuparmi, se poi arrivava all’arabo, beh, ero nei guai.
Non so, quella lingua lì mi incuteva timore…un pò come quando vivevo in Germania e sentivo due tedeschi urlarsi contro, mi aspettavo sempre che ci scappasse il morto.
Mettiamoci anche che sono di origini libanesi, popolo abituato a parlare correntemente arabo, francese e inglese nella stessa frase.
Pensate che in Libano vendono addirittura una maglietta con scritto ‘Ana suis Lebanese’ ovvero ‘Io sono libanese’ che rappresenta un misto di arabo, francese e inglese.
A sostenere questa mia convinzione, arrivano però anche gli scienziati (geni anche non bilingue) che, attraverso il New York Times, ci raccontano come, effettivamente, l’abitudine a parlare più lingue porti i bambini ad essere più ricettivi.
Per esempio, uno studio, effettuato nel 2004 dagli psicologi Ellen Bialystok e Michelle Martin-Rhee, chiedeva, a bambini bilingue e non, di ordinare diversi cerchi blu e quadrati rossi, mostrati attraverso uno schermo, all’interno di due diversi contenitori, sulle cui etichette era rappresentato un quadrato blu e un cerchio rosso.
Per il primo esperimento, ai bambini fu chiesto di ordinare le figure secondo il colore, posizionando quindi i cerchi blu, nel contenitore sulla cui etichetta era disegnato un quadrato blu, e i quadrati rossi, nel contenitore sulla cui etichetta c’era invece il cerchio rosso. Entrambe le categorie di bambini reagirono nello stesso modo.
Quando però fu chiesto loro di ordinarli in base alle figure, i bambini bilingue reagirono più rapidamente e correttamente.
Questo perché il loro cervello è abituato ad incrociare le informazioni e a ‘switchare’ da un contesto all’altro, quasi senza neanche accorgersene.
Insomma, mentre molti anni fa si pensava che i cervelli dei bimbi bilingue potessero essere compromessi da questo necessario passaggio da una lingua all’altra, oggi ci si rende conto che un esercizio del genere non può che far bene alle loro capacità cognitive.
Con questo non voglio dire che tutti i bilingue siano meglio dei mono, ne mi azzarderei a creare classi distinte di cervelli, lo scopo di questo mio articolo è quello di stimolare, in tutti coloro che desiderino avere figli, la voglia di offrire loro sempre nuovi stimoli, lingue, musica, sport, libri, disegno.
Ogni input è fondamentale quando si è ancora in fase di crescita, quando si diventa grandi poi, si fa sempre più fatica e non dimentichiamoci che, se vent’anni fa gli stranieri si contavano sulla punta delle dita, domani la nostra sarà una società davvero multi culturale, nella quale la competitività sarà sempre maggiore e i bambini dovranno essere preparati sin da subito per affrontare una realtà ricca di diversità.