Senza parole - di Edward St Aubyn
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Sono i giorni dell’Elysian Prize a Londra, e l’intera società letteraria del Commonwealth è in fermento. Benché sia confinato al mucchio di ceneri imperiali di un’istituzione cara forse soltanto alla Regina, il Premio è uno dei riconoscimenti più ambiti negli illustri salotti letterari londinesi, in quelli altrettanto nobili di Edimburgo, e tra i notabili di Nuova Delhi.
Sponsorizzato dalla Elysian, un’industria agricola che annovera tra i suoi prodotti alcuni degli erbicidi e dei pesticidi piú devastanti sulla faccia della terra, il Premio ha nel suo consiglio d’amministrazione Sir David Hampshire, ex segretario generale del Ministero degli esteri durante la Guerra Fredda, un vecchio mandarino che, da buon relitto di quell’epoca gloriosa, ha fatto man bassa delle cariche riservate alla gente del suo rango. Incaricato di selezionare la giuria, Hampshire ha chiamato a presiederla Malcolm Craig, parlamentare d’opposizione con una fugace esposizione al pallido sole caledoniano nelle vesti di sottosegretario di Stato per la Scozia, vesti di cui si è dovuto spogliare in gran fretta dopo un maldestro discorso sull’indipendenza della Scozia contrario alla linea del suo partito.
Nell’ingrato compito di scegliere i romanzi in concorso, Craig deve vedersela con una giuria composta da Jo Cross, star del giornalismo la cui passione è stabilire la «rilevanza» delle opere presso i suoi lettori; da Vanessa Shaw, accademica di Oxbridge cui interessa soltanto la «qualità della scrittura»; da Penny Feathers, vecchia amichetta di Hampshire al ministero degli Esteri, «un’autrice di chiara fama» di cui si ignorano le pubblicazioni; e da Tobias Benedict, figlioccio di Hampshire, «lettore fanatico fin da quando era bambino», che, non palesandosi quasi mai alle riunioni, spedisce lunghi biglietti di scuse in cui afferma di essere presente «in spirito, anche se non in carne e ossa».
Tra gli autori meritevoli dell’attenzione della giuria figurano Sam Black, giovane scrittore di un’opera carica di impeccabile dolore e di riconoscibile matrice autobiografica; Katherine Burns, avvenente autrice che ha infranto il cuore di Black e che, come una salonniere dei bei tempi andati, passa da una relazione all’altra con uomini di almeno vent’anni piú di lei; Hugh Macdonald, con il suo brutale resoconto della vita in un quartiere popolare di Glasgow dove batte il cuore oscuro del Welfare State; Sonny, seicentocinquantatreesimo maharajah di Badanpur, autore del magnum opus L’elefante di Mulberry, accompagnato dalla Zietta, autrice a sua volta di Ricette di Palazzo, pubblicato da una casa editrice indiana con un solo altro titolo in catalogo; e numerosi altri. L’Elysian Prize, però, riserva sempre, come ben sanno negli illustri salotti letterari londinesi, graziose e imprevedibili sorprese.
Opera in cui l’autore dei Melrose conferma il suo straordinario talento, Senza parole è una delle più divertenti incursioni che sia dato leggere nel «deserto del Reale» che caratterizza la società letteraria odierna.
Il nuovo romanzo dell’autore dei Melrose
«Un’opera intelligente ed estremamente divertente».
The Times
«Un grande numero di personaggi descritti con forza... una trama brillante... e, alla fine, un tocco di ottimismo. Leggete questo libro se siete in un brutto momento: vi curerà».
Sunday Express
«Quando viviseziona la società Edward St. Aubyn è grandioso».
Michael Chabon
La stampa italiana sui Melrose:
«Una scrittura perfetta e impassibile, che entra come un oggetto esterno nell’animo umano, come una sonda o un sottomarino negli abissi».
Caterina Bonvicini, il Fatto Quotidiano
«Edward St Aubyn è l’autore di uno dei libri piú letterari e piú crudi destinati ad apparire nelle librerie italiane».
Livia Manera, Corriere della Sera